#Nerd!nterviste: Francesco Artibani

Bentornati o benvenuti su TWAU, croccantini!

Come promesso da tempo, eccoci finalmente con una nuova Nerd!ntervista! Vi erano mancate, eh?
Questa volta abbiamo un ospite d’eccezione, mica i soliti stronzi, quindi vi presento immantinente Francesco Artibani, fumettista, illustratore, autore e tanto altro. Non vi dico altro, godetevi l’intervista, ci vediamo in fondo!

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1) Ciao Francesco! Benvenuto sul nostro piccolo blog e grazie per averci concesso questa intervista!
È un piacere averti qui.

R: Ciao e grazie a voi per l’ospitalità!

 
2) Partiamo dal principio. Come ti sei avvicinato all’universo dei fumetti? Cosa ti ha portato a decidere di farne un lavoro?

R: Quella per il fumetto è una passione che proviene da lontano, dall’infanzia – come capita ed è capitato a tantissime persone. Poi nel tempo questa passione è cresciuta e durante l’adolescenza ho cominciato a pensarci un po’ più seriamente. In quel periodo disegnavo ed ero determinato a fare il fumettista; le cose poi sono andate un po’ diversamente e i fumetti ho finito per farli lo stesso ma dalla parte della sceneggiatura.

3) Quali sono state le tue principali influenze, sia per il disegno che per quanto concerne la scrittura?

R: Da disegnatore guardavo ai grandi del fumetto umoristico della scuola italiana e di quella franco-belga. Autori come Cavazzano, Silver, Jacovitti, Uderzo, Franquin o Morris. Erano questi i modelli inarrivabili così come inarrivabili restano i maestri della sceneggiatura come René Goscinny – il più grande di tutti (ma in ordine sparso voglio citare anche altri giganti come Alfredo Castelli, Rodolfo Cimino, Carlo Chendi ma anche Romano Scarpa che oltre a essere un maestro del disegno lo era anche della sceneggiatura). Questi elenchi comunque sono sempre complicati perché gli autori da ricordare sono veramente troppi e appena si chiude una lista vengono fuori altre decine di nomi…


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4) Qual è stato il tuo percorso di studi?

R: Disegnavo moltissimo già da piccolo e al termine della scuola media ho scelto una scuola unica come l’Istituto Professionale di Stato per la Cinematografia e Televisione, la sola scuola superiore statale che formata le figure professionali destinate al mondo del cinema e della tv (come gli operatori, i fonici, i montatori e così via). Tra i vari corsi c’era anche quello dedicato al cinema d’animazione e così – mosso dall’interesse nei cartoni animati – mi sono lanciato in questa avventura. Qui ho potuto seguire il corso di animazione tenuto da Niso Ramponi diplomandomi come tecnico del cinema d’animazione. Dopo il diploma di maturità ho iniziato a lavorare come animatore e da lì, lavorando sugli storyboard, mi sono avvicinato piano piano alla sola scrittura. Insomma, ci sono stati una serie di passaggi, non è stato un percorso unico e lineare.

 

5) Ricordi come hai iniziato? La prima storia, i primi personaggi? Che ricordo ti porti dentro di quel periodo?

R: La primissima storia che ho realizzato come disegnatore – intendo il primo lavoro professionale regolarmente pagato – è stato un adattamento del racconto di Alì Babà su sceneggiatura di Giorgio Pedrazzi. A quella prima storia seguì un altro adattamento dalle Mille e una notte con la favola “I cani neri”. Quelle due storie non hanno mai visto la luce perché la rivista per bambini che doveva ospitarli non è mai nata. Di quel periodo ricordo soprattutto il grande entusiasmo, l’energia che mettevo in tutti i progetti, le speranze per il futuro, i sogni da inseguire portando la cartellina dei miei lavori in visione agli editor della fiera del libro per ragazzi di Bologna. La scoperta dell’ambiente del fumetto e dei meccanismi del lavoro è stata davvero emozionante, vedevo da vicino il mondo che avevo sempre sognato con i suoi autori, le redazioni e tutto il resto. È stato anche un periodo di delusioni (vedi la rivista per bambini ricordata poco fa) ma a rivederle oggi sono state delusioni utili, formative. Non sono un sostenitore della retorica della gavetta ma sicuramente quegli anni di grande lavoro e allenamento sul tavolo da disegno mi hanno lasciato molto. Quello del disegnatore è un mestiere molto fatico – e forse anche per questo a un certo punto ho bbbbpreferito scrivere soltanto.


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6) Guardandoti indietro come è cambiato il mondo dei fumetti rispetto a trent’anni fa?

R: Sono sicuramente cambiati alcuni elementi ma il genere di impegno che questo ambiente richiede è sempre lo stesso. È un settore complesso e competitivo in cui conta soltanto la propria capacità, non servono raccomandazioni e conoscenze (o perlomeno non servono più di tanto). Il mondo del fumetto attuale è ricchissimo dal punto di vista dell’offerta, delle proposte che si possono trovare tra edicola, libreria e fumetteria. Con lo sviluppo della rete sono aumentate per gli autori le possibilità di farsi notare con il proprio lavoro e di contattare gli editori. Dal punto di vista strutturale è cambiato decisamente in meglio anche se i sistemi distributivi possono ancora crescere. Trent’anni fa si vendevano più fumetti mentre oggi si legge di meno ma, malgrado tutto, abbiamo il dovere di essere ottimisti perché questo periodo storico per il fumetto è straordinariamente ricco e prolifico dal punto di vista dei contenuti e dei progetti.

 

7) Fra i tanti, personalmente ho adorato il tuo modo di svecchiare un personaggio come Paperinik, da comprimario/macchietta a personaggio sfaccettato con un suo background.
Qual è invece, dei tuoi, il personaggio (o i personaggi) a cui ti senti più legato?

R: Sicuramente i personaggi a cui sono più legato ci sono quelli di Monster Allergy, la serie che ho creato con mia moglie Katja Centomo e che continuo a scrivere con lei. Un altro personaggio che ho scritto molto volentieri è il boia protagonista del “Boia Rosso” disegnato da Ivo Milazzo mentre tra quelli più recenti è stato bello lavorare sul Golem disegnato da Werther Dell’Edera per la collana “Le Storie” della Bonelli. Poi naturalmente ci sono tutti gli altri personaggi, da quelli disneyani a quelli di Lupo Alberto, dalle Witch alle Winx passando per tutti gli altri scritti per l’animazione – anche se non sono esattamente miei sono ormai degli indispensabili compagni di strada.

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8) Ero a malapena un ragazzino, quando nel periodo a cavallo fra gli anni ’80 ed i primi ’90 alcuni editori hanno cominciato ad importare i primi manga in Italia. Mi vengono in mente Granata Press, la francese Glenat, Star Comics, Play Press. Questo “nuovo” modo di concepire il fumetto ha in qualche modo cambiato il tuo punto di vista?

R: È stata una grande scoperta alla quale non sono arrivato subito. Al di là dei contenuti e dei diversi autori quello che apprezzo molto della produzione manga è la straordinaria varietà di proposte, una  ricchezza che nel nostro fumetto o in quello americano non si ritrova.

9) A cosa stai lavorando ora?

R: Sono impegnato con molte storie e progetti disneyani per il settimanale “Topolino” e non solo. Poi c’è “Monster Allergy” con le storie della nuova serie per Tunué e naturalmente ci sono tanti progetti che spero di poter concretizzare al più presto.

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10) Cinema, fumetto e videogiochi sono ormai  legati indissolubilmente. Ognuno prende qualcosa in prestito dagli altri. Cosa ne pensi?

R: Sono linguaggi che si contaminano a vicenda e un autore determinato a fare oggi questo mestiere non può fare a meno di confrontarsi con le idee e le suggestioni che arrivano da questi ambiti. Allo stesso tempo per me è fondamentale mantenere l’autonomia e la riconoscibilità dello specifico fumettistico. In altre parole non mi piacciono i fumetti che inseguono il cinema, le serie tv o i videogiochi replicando o peggio ancora scimmiottando un linguaggio e un ritmo narrativo che non gli appartiene. Il fumetto deve fare il fumetto, tutto qua.

 

11) Colgo la palla al balzo e ne approfitto per chiederti qual è il tuo rapporto col mondo dei videogiochi, ti affascina? E, se si, puoi raccontarci la tua esperienza a riguardo?

R: Ho cominciato negli anni Ottanta con una consolle Intellivision, poi è arrivato il momento della PS1, della PS3 (la due l’ho saltata per distrazione…) e oggi sono alla PS4 (ma in casa c’è stato spazio anche per una Wii). Oggi gioco un po’ di meno per ragioni di tempo ma continuo a giocare ogni volta che posso e mi piace veder giocare mio figlio. I videogiochi sono un prodotto straordinario, il futuro dell’intrattenimento è loro.

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12) Quali consigli ti sentiresti di dare a chi si avvicina oggi alla professione di fumettista?

R: Di pensarci bene, di valutare tutti gli elementi a propria disposizione e analizzare realisticamente le proprie possibilità, le proprie ambizioni e il proprio spirito di sacrificio. Non è un lavoro semplice e può essere complicato vivere di questo mestiere ma se ci sono passione e talento non vedo perché non provarci (senza dimenticare che alcuni tra i più grandi autori del fumetto come Carl Barks, Attilio Micheluzzi e Vittorio Giardino – giusto per citarne tre – ci sono arrivati in età matura). È un lavoro che richiede allenamento e studio costante – sia per chi disegna che per chi scrive – e dunque bisogna anche farsi un inevitabile esame di coscienza sulla disponibilità alla fatica che si è disposti a sostenere. Non incoraggio nessuno ma allo stesso tempo cerco di non dissuadere nessuno. Il messaggio, in breve, è “fatevi due conti”.

 

13) Penso che sia tutto. Noi ti ringraziamo ancora per la tua disponibilità!

R: Grazie a voi per la chiacchierata!

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Ed eccoci arrivati alla fine.
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#SCIAO

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