Il robottino fossile.

Uela. Come va, croccantini?
Come vi sono andate le feste? Vi siete ingozzati a dovere? Prafih.

Io invece le ho passate tappato in casa con l’influenza, che allegria. Ad ogni modo dopo questo periodo di assenza, rieccomi qui.

Ho deciso che voglio iniziare il 2017 con un ricordo che mi è tornato alla mente qualche giorno fa.

Avete presente quelle notti in cui non riuscite a dormire?  Vi girate e vi rigirate nel letto sperando che il sonno arrivi e invece manco per il cazzo.
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Vi ritrovate alle tre del mattino a guardare documentari sulla vita sessuale dei pinguini imperatore di Capo Horn o su Wikipedia a leggere di come James Cameron sia sceso con un batiscafo fino a toccare il fondale della fossa delle marianne, l’abisso oceanico più profondo di tutta il pianeta, che sta nel tratto di oceano pacifico fra il Giappone, le Filippine e la Nuova Guinea. E se pensare che in quell’abisso ci può entrare tutto il monte Everest e rimangono ancora tremila metri di scarto non bastasse a fottervi il cervello e farvi cedere al sonno, dovete assolutamente passare alla fase successiva.

Torniamo alla prima persona singolare ora, per comodità.

Insomma, mi ritrovo in quell’ora in cui è troppo tardi per essere notte e troppo presto per essere mattina e leggere la cronologia di eoni e di ere geologiche, dal precambriano ai giorni nostri, degli strati di roccia, dei fossili e di come gli esploratori trovarono  utensili risalenti a migliaia di anni fa sotto strati di terra o sotto ghiacciai. Argomenti che a quell’ora assumono un fascino tutto nuovo.

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Impariamo le scienze con TWAU!

E complice la neve che cadeva fuori dalla finestra i miei ricordi sono volati indietro di quasi trent’anni. Eh si.
Dobbiamo ritornare indietro nel tempo fino all’estate del 1988, l’anno in cui Massimo Riva cantava “Alzati la Gonna” con la Steve Roger’s Band, l’anno in cui Jovanotti cantava “è qui la festa?!” o “Gimme Five”. Per dire. O per gli amici francofoni l’anno in cui Vanessa Paradis cantava “Joe Le Taxi”. Insomma, bei tempi.
Comunque quell’anno facemmo l’ultima vacanza con la famiglia al completo, prima del divorzio dei miei che sarebbe giunto di li a poco. Eravamo in Valle D’Aosta, a Champoluc, ridente paesino ai piedi del massiccio del monte Rosa.

Ricordo che avevo un robottino con me in quella vacanza. Me lo portavo sempre dietro, ma non riesco assolutamente a ricordarmi quale robot fosse. Alcuni dettagli mi fanno pensare che fosse roba tratta da qualche anime giapponese, ma boh. Forse era uno dei Valkyrie di Macross. Non mi ricordo proprio. Babbè.
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Fatto sta che una mattina avevamo in programma di salire in alta montagna,  quindi andammo a prendere la funivia che da Champoluc saliva verso i rifugi sulle pendici del Cervino, che era quel monte aguzzo che svettava sopra le nostre teste. Sono passati 29 anni, ed io ne avevo 7 quindi non mi sovvengono i dettagli della salita, ma ricordo che arrivammo su fino alle nevi eterne. Era una cosa tipica di mio padre, che avendo fatto il militare nel genio alpino ogni tanto sentiva il richiamo della montagna.

Comunque quel giorno, lassù sulle nevi del Cervino, persi il mio robottino. Probabilmente mi cadde in mezzo alla neve e non me sono accorsi, chissà.
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E quindi mi sono immaginato che  fra qualche migliaio di anni qualcuno che passeggiando sul massiccio del monte Rosa ritroverà il mio robottino venuto fuori da una valanga o da della neve disciolta.

Rileggendomi penso che sarebbe bello dormire invece di perdersi dietro a questi viaggi mentali.

Voi avete qualche strano ricordo della vostra infanzia? Raccontatecelo!

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